Lilla Lee Tosca Verona intervista quotidiano l’ Arena
A otto anni dalla «Turandot» che l’ha vista debuttare a Verona nel 2009 come vincitrice del Concorso Internazionale di Canto, il soprano sudcoreano Lilla Lee (oggi affermata artista della scena europea) torna sul palco del Teatro Filarmonico con «Tosca», domani alle 19 e giovedì 30 alle 20.
Chi è Tosca per Lilla Lee?
Mi sono posta la domanda sin da quando ho cominciato a studiare la parte, ma in questa occasione mi è stato molto utile il regista Giovanni Agostinucci, che mi ha spiegato la vera storia di Tosca: un’orfana realmente esistita, giunta al successo grazie alla propria voce e all’aiuto della Chiesa. Ha avuto il dono del canto, ma è vissuta senza genitori e affetti stabili. Per questo, quando incontra Cavaradossi, lui diventa tutto il suo mondo e ogni scelta deriva da questo grande amore.
Se potesse avere al suo fianco uno dei grandi Cavaradossi del passato, chi sceglierebbe?
Ernesto Veronelli: ho preparato con lui il ruolo e conosce la mia Tosca alla perfezione.
Quando ha scoperto la sua vocazione per il canto?
Ai tempi della scuola media. Un’amica mi aveva proposto di entrare nel coro della chiesa cattolica di Seoul e nel momento stesso in cui ho aperto la porta ho sentito un richiamo speciale. Lì sono passata da corista a direttrice: mi avevano soprannominato Cecilia, come la patrona della musica. Però il mio maestro In Young Lee (il padrino del canto lirico in Corea) sapeva che il mio cuore batteva per l’Europa e mi ha incoraggiato a trasferirmi. Nel 1998 sono arrivata a Milano per studiare al Conservatorio Giuseppe Verdi e da lì è partito tutto. L’incontro cruciale è stato quello con il grande basso Bonaldo Giaiotti nel 2004. Avevo iniziato come mezzosoprano, ma lui sosteneva che fossi un soprano: abbiamo combattuto per due anni e alla fine ha vinto. La mia fortuna è stata non aver sfondato subito, così ho potuto studiare, riposare, meditare e curare la voce al meglio.
Qual è il suo personaggio preferito fra quelli cantati sinora?
Manon Lescaut, debuttato nel 2010 alla Fenice, perché cambia musicalmente e psicologicamente ad ogni atto: il secondo e il quarto sono difficilissimi, ma meravigliosi.
Prossimi impegni?
Mi aspettano in Polonia per «Nabucco», «Turandot» e il Requiem di Verdi. In futuro, però, mi piacerebbe cimentarmi in «Un ballo in maschera» e, soprattutto, in «Andrea Chénier». Mi riconosco molto in Maddalena e nella sua missione di portare la luce nella difficoltà, persino davanti alla morte. Da cristiana penso che il mio dono venga dal cielo e che vada condiviso per donare gioia.
Angela Bosetto